Chi avrebbe immaginato che il 2022 sarebbe iniziato con la guerra in Ucraina che, facendo somma con gli strascichi dell’emergenza sanitaria dettata dal Covid 19, avrebbe complicato la catena della produzione automotive in Italia (e non solo)? A questo si aggiunge anche la crisi dei microchip, già intralcio in un settore che veniva da tempi difficili!
Scenari automotive 2022
Insomma, gli scenari prospettati in questo primo trimestre del 2022 non sono dei più rosei per il mondo della produzione auto.
Ce lo racconta S&P Global Mobility che ha calcolato che la guerra contribuirà ad una contrazione di produzione auto nel mondo di circa 2,6 milioni di unità. Infatti, la guerra in Ucraina ha ulteriormente aggravato una situazione già difficile, causando problemi logistici e di approvvigionamento.
Vi riportiamo integralmente alcuni dati
“La società di ricerca automobilistica – S&P Global Mobility – ha abbassato le sue previsioni di produzione globale di veicoli leggeri per il 2022 e il 2023 di 2,6 milioni di unità, a 81,6 milioni per il 2022 e 88,5 milioni di unità per il 2023. … Le cause, spiega la ricerca, sono in primo luogo che il conflitto ha causato problemi logistici e di catena di approvvigionamento e carenze di componenti critici del veicolo. In particolare, molte case automobilistiche si riforniscono di cablaggi, che sono usati nei veicoli per l’energia elettrica e la comunicazione tra le parti, dall’Ucraina. … S&P ha tagliato di 1,7 milioni di unità le sue previsioni per l’Europa, di cui uno per via della guerra, il resto dovuti a carenze di parti che coinvolgono chip e cablaggi causati dalla guerra. Meglio andrà nel Nord America, dove S&P prevede un calo della produzione di 480.000 unità per il 2022 e di 549.000 unità per il 2023. Circa il 45% dei cablaggi costruiti in Ucraina sono normalmente esportati in Germania e Polonia, dato che mette sotto pressione soprattutto le case automobilistiche tedesche. … Volkswagen e BMW sono state tra le più colpite dall’invasione russa dell’Ucraina… ”
Nel caso di Volkswagen, stiamo assistendo al tentativo in corsa di spostare parte della produzione fuori dall’Europa, nei territori del Nord America e della Cina, proprio per rispondere alle interruzioni della catena di approvvigionamento legate alla guerra.