Nel 2018 il numero degli occupati nel settore automotive ammontava a circa 302mila unità, tenendo conto sia del settore produttivo propriamente detto (circa 212mila dipendenti), sia della rete commerciale (circa 90mila occupati). Il 73% degli addetti è impiegato in aziende con più di 250 dipendenti, rispetto a una media manifatturiera del 24%. Nella componentistica, in particolare, si registra un valore della dimensione media aziendale pari a 58 addetti, sei volte superiore alla media delle aziende manifatturiere. Gli occupati nel settore si concentrano geograficamente nel centro e nord Italia (76% della forza lavoro), sono prevalentemente uomini (le donne sono circa il 19% degli occupati nel settore produttivo e circa il 15% nel Retail) e hanno un’età media avanzata (1 occupato su 3 ha più di 50 anni, mentre solo 1 su 10 ha tra i 18 e i 25 anni).
Già prima della crisi Covid-19, l’occupazione nel settore era in contrazione. Dopo la recessione del 2008-2009, mentre l’automotive a livello globale sperimentava, una fase di forte espansione, gli addetti diretti del settore in Italia sono diminuiti del 12%, senza mai tornare ai livelli pre-crisi. Diverse sono le ragioni dell’andamento a “L” di questa prolungata fase, che fece registrare l’apice del crollo delle vendite nel novembre 2009 (-40%): tra queste la limitata capacità del comparto italiano di adeguare l’offerta alle nuove preferenze dei consumatori che, con l’aumento del prezzo del petrolio, si sono orientati verso l’acquisto di auto a basso consumo e di piccola cilindrata, e gli alti costi fissi, legati anche alla gestione di una forza lavoro mediamente anziana con retribuzioni comparativamente elevate. Le stime sul calo dell’occupazione per effetto della crisi attuale si prospettano molto severe per l’automotive, uno dei settori in maggiore sofferenza a causa del blocco delle attività che, durante il lockdown, ha interessato circa 70mila lavoratori. In Europa, in termini assoluti, solo Francia e Germania presentano numeri superiori, rispettivamente con 90mila e 568mila lavoratori sospesi. Il blocco delle attività nel caso dell’automotive non è legato, come in altri settori, alla scarsa remotizzabilità del lavoro. Al contrario, l’indice elaborato da INAPP ) indica un valore di praticabilità del lavoro da remoto più alto della media nel settore manifatturiero (ma considerevolmente più basso per le attività Retail). Il rischio di perdita di posti di lavoro nel settore è anzi principalmente legato al forte calo della domanda di autoveicoli e motocicli durante la fase acuta della crisi, che si stima potrebbe determinare una diminuzione della spesa nel settore del 25% nel 2020 rispetto all’anno precedente.
L’anello più fragile dell’ecosistema imprenditoriale del settore è costituito dalla supply chain caratterizzata da molte piccole e medie imprese che forniscono componenti all’industria automobilistica (il 45% delle imprese del settore ha un massimo di 9 dipendenti) e che avranno maggiori difficoltà a sostenere gli effetti della mancanza prolungata di liquidità. Anche la rete commerciale è composta prevalentemente da piccole e medie imprese: su 1.400 operatori, meno di 80 hanno un fatturato medio superiore a 175 milioni di euro.
Per tutto il settore automotive, si stima un incremento del rischio di disoccupazione causato dalla crisi Covid-19 compreso tra il 28% e il 46%, a seguito di una nuova ondata di contagi, che comporterà l’adozione di nuove misure di sospensione delle attività produttive. Queste proiezioni sono confermate dalle principali associazioni di categoria – ANCMA (Associazione Nazionale Costruttori Motocicli e Accessori), Federauto e UNRAE (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri) – che hanno paventato il rischio che fino a 160mila lavoratori diretti o indiretti del settore perderanno il posto di lavoro a causa della mancanza di incentivi e sostegni specifici.
Fonte (ey.com)