Nel 2019 sono stati prodotti a livello globale circa 90 milioni di autoveicoli, oltre un quarto dei quali in Cina. Un altro quarto viene realizzato in Europa: Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna sono i principali produttori, per numero di impianti e di vetture In Europa il settore automotive impiega in totale, tra occupazione diretta e indiretta, quasi 14 milioni di persone, il 6,1% dell’occupazione europea. Il comparto rappresenta un fattore di promozione per l’innovazione dell’intero sistema produttivo. Infatti è il primo settore per spesa in ricerca e sviluppo, responsabile del 28% della spesa totale in R&S europea. Inoltre, l’Europa è il principale investitore mondiale in R&S nel settore. Nel 2018 si sono spesi più di 57 miliardi di euro, rispetto ai circa 30 miliardi in Giappone, 15 miliardi negli Stati Uniti e 5 miliardi in Cina . Sui mercati internazionali il comparto si caratterizza per una marcata impronta regionale, in particolare con riferimento alle catene di fornitura che legano materie prime, input intermedi e prodotti finiti.
Stati Uniti, Germania e Giappone rappresentano ancora oggi, come trent’anni fa, i paesi cardine attorno ai quali gravitano rispettivamente i mercati del Nord America, Europa e Asia. Una tendenza questa che sembra destinata a rafforzarsi, con la sempre maggiore diffusione di misure protezionistiche a livello mondiale. Dopo la crisi finanziaria del 2008-2009, il settore automobilistico ha sperimentato una fase di forte espansione a livello globale, registrando un tasso di crescita medio annuo della produzione pari al 6%. Nel biennio 2018-2019, al contrario, il comparto ha attraversato una congiuntura negativa, con una contrazione superiore al 4%, riconducibile alla crisi delle motorizzazioni diesel, al progressivo emergere del segmento dei veicoli ibridi/elettrici e a nuovi modelli di consumo incentrati sull’auto come servizio e non come “oggetto del desiderio”.
La crisi indotta dalla diffusione della pandemia di Covid-19, che ha determinato la prolungata chiusura degli stabilimenti nei principali paesi produttori da marzo 2020, si innesta quindi in una fase di profondi cambiamenti che stavano inducendo significative trasformazioni nella filiera industriale globale, concentrata su ingenti investimenti per lo sviluppo sia di motorizzazioni tradizionali ma con meno emissioni sia delle batterie elettriche. Le stime più recenti evidenziano, per il 2020, un crollo della produzione superiore al 20% e un orizzonte temporale di circa tre anni per recuperare i livelli pre-crisi. Per avere un termine di paragone, nel biennio 2008-2009 il mercato perse il 15% circa, tornando in territorio positivo l’anno successivo. I tempi disomogenei nella diffusione dei contagi nei singoli paesi stanno determinando effetti differenti nei principali mercati a livello globale:
• la Cina ha archiviato il primo trimestre 2020 con una contrazione nelle vendite di autoveicoli superiore al 45%. Nelle prime settimane di aprile gli impianti di produzione sono tornati in attività, risultano aperti il 99% dei concessionari e la circolazione è tornata al 65% del livello precedente al lockdown . Si stima che in assenza di una nuova ondata di contagi il mercato dovrebbe chiudere l’anno con una riduzione di poco inferiore al 10%. In questo contesto, il Governo ha introdotto misure di sostegno che interessano le principali metropoli. In particolare, l’estensione al 2022 dei sussidi per l’acquisto di auto elettriche, incentivi per la rottamazione e l’allentamento dei vincoli per le nuove immatricolazioni; gli Stati Uniti hanno cominciato a registrare gli effetti della pandemia solo nelle ultime settimane di marzo, evidenziando una contrazione delle vendite del 40% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Per contrastare gli effetti del lockdown, alcuni Stati hanno consentito le vendite online di autovetture, con la previsione di una diffusione dell’e-commerce tra i concessionari prossima al 90% entro la fine dell’anno. Contestualmente, le case automobilistiche continuano a supportare la domanda offrendo incentivi quali dilazioni di pagamento e finanziamenti a tasso 0;
• l’Europa ha evidenziato in aprile una contrazione delle vendite prossima al 78%, rispetto allo stesso mese del 2019. Secondo l’Associazione Europea dei produttori di automobili (ACEA), degli oltre 2,6 milioni di occupati diretti nella filiera poco meno di 1,2 milioni subiscono gli effetti della chiusura degli stabilimenti, con una perdita nella produzione prossima ai 2,4 milioni di veicoli (il 15% circa dei veicoli prodotti nel 2019). Un’indicazione immediata dell’impatto dello stop del settore a livello globale proviene dall’analisi dell’andamento azionario delle principali case automobilistiche internazionali quotate. Data la forte integrazione geografica delle catene produttive infatti, tutti i principali operatori hanno sperimentato una contrazione compresa tra il 15% circa di Toyota e il 62% di Renault, con il gruppo FCA che ha perso il 45% circa da inizio anno. Le più resilienti alla crisi sembrano le case giapponesi Toyota e Honda, che hanno già orientato la loro produzione verso sistemi a iniezione ibrida, oltre a quelli a combustione tradizionale. Al contrario, le case automobilistiche europee come Volkswagen e Renault che stavano attraversando un complesso processo di transizione, sono quelle che scontano la congiuntura più negativa. Quasi tutte le case automobilistiche mostrano un andamento sensibilmente peggiore rispetto all’indice S&P 500, che ha perso circa il 15%.
L’unica vistosa eccezione è Tesla che in poco più di un mese ha recuperato una parte consistente delle perdite registrate dall’inizio della crisi, evidenziando un incremento del 59%. Questa dinamica segnala il vantaggio competitivo del posizionamento in una nicchia di mercato ad elevato valore aggiunto e innovativa come quella dei veicoli elettrici di alta gamma. Quello dei motori elettrici, d’altro canto, è l’orizzonte tecnologico con cui tutte le principali case automobilistiche si dovranno confrontare nel corso dei prossimi anni. Prima del diffondersi della pandemia, infatti, l’industria dell’automotive era alla vigilia della più grande rivoluzione mai sperimentata, che aveva già dato impulso a processi di aggregazione e partnership.(Fonte ey.com)